Tumore della mammella. L'importanza della diagnosi precoce per una chirurgia sempre più conservativa

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dr. Paolo Sorrentino, Direttore UOC Chirurgia Ospedali di San Donà di Piave e Jesolo
Abstract

Il carcinoma della mammella è il tumore maligno più frequente nel sesso femminile. Ogni anno in Italia si registrano circa 30.000 casi ed è la prima causa di morte per malattia tumorale nella donna. Statisticamente una donna su nove ha un’alta probabilità di sviluppare nel corso della sua vita un tumore al seno. Oggi per curare il carcinoma mammario disponiamo di protocolli terapeutici multidisciplinari che permettono di personalizzare la cura e di ottenere risultati sempre più soddisfacenti.

Dal punto di vista chirurgico la terapia di prima scelta è la chirurgia conservativa del seno, un intervento che prevede la sola asportazione del tumore e di una piccola parte della ghiandola circostante con l’obiettivo di asportare radicalmente il nodulo tumorale, ma nel contempo assicurare un risultato estetico soddisfacente che permetta alla donna, una volta guarita dalla malattia, di condurre una normale vita di relazione e gettarsi progressivamente alle spalle il ricordo di questa esperienza negativa. La conservazione del seno deve essere obbligatoriamente associata ad un trattamento radioterapico locale per ridurre il rischio che a distanza di tempo possa ripresentarsi il tumore nella mammella operata. Anche l’asportazione dei linfonodi ascellari, fino a pochi anni fa la regola in chirurgia oncologica della mammella, oggi può essere evitata nella gran parte dei casi e sostituita dal prelievo mirato di uno o due linfonodi, denominati “sentinella”, individuati da una linfoscintigrafia eseguita 24 ore prima dell’intervento, riducendo ulteriormente e sensibilmente l’invasività dell’intervento chirurgico.
Nei casi sempre meno frequenti in cui non sia possibile conservare il seno, l’intervento di asportazione di tutta la ghiandola mammaria viene associato al massimo risparmio dell’involucro cutaneo e nello stesso momento ad un primo intervento ricostruttivo che consiste nel posizionamento di una protesi temporanea detta “espansore” che, nelle settimane che seguono l’intervento, viene progressivamente gonfiato ambulatorialmente con l’introduzione di liquido sterile. Questo produce una dilatazione stabile dei tessuti che la ricoprono e, una volta ottenuto il volume programmato, verrà sostituito con una protesi di silicone definitiva nel secondo tempo dell’intervento ricostruttivo. Quando necessario, per ristabilire la simmetria, è possibile intervenire anche sull’altro seno per ridurlo o aumentarlo in modo da ottenere una somiglianza volumetrica ottimale.
A cinque anni dall’intervento complessivamente il 65% delle donne viene considerato guarito; se il tumore è di una dimensione inferiore ai 2 centimetri e i linfonodi ascellari sono negativi (senza cioè presenza di cellule tumorali nelle linfoghiandole normalmente presenti in ascella) la percentuale di guarigione sale al 90%.
La diagnosi precoce è pertanto l’unica vera arma che la donna ha a disposizione per guarire dal carcinoma della mammella, ma anche per condizionarne positivamente il trattamento terapeutico in senso conservativo ed estetico. E diagnosi precoce significa partecipare allo screening mammografico, osservare puntualità nei controlli periodici sia radiologici (mammografia ed ecografia ogni 2 anni dopo i 45 anni) che senologici (dal un chirurgo specialista o da un oncologo), eseguire un’autopalpazione mensile e visita specialistica ogniqualvolta che, in seguito alla palpazione del proprio seno, si sia notata o sia in atto qualche modifica.
A San Donà di Piave un’equipe multidisciplinare, costituita da chirurgo, oncologo, radiologo, anatomopatologo e radioterapista, assicura un percorso diagnostico e terapeutico completo alla donna che si trova ad affrontare il carcinoma della mammella.
L’Unità di Senologia, afferente all'Unità Operativa di Chirurgia, in linea con i più moderni orientamenti espressi dalla comunità scientifica internazionale, è in grado di assicurare alla paziente l’intervento più idoneo, privilegiando l’approccio conservativo (ed eventualmente ricostruttivo e di rimodellamento del seno non ammalato), al fine di raggiungere un’ottimale simmetria del seno e un risultato estetico che contribuirà, in modo determinante, a favorire il processo riabilitativo della donna “uscita” dalla malattia tumorale.

dr. Paolo Sorrentino
Direttore UOC Chirurgia, Ospedali di San Donà di Piave e Jesolo